RECENSIONI

Al mio MaestroPeter Jegor

TESTI CONSULTATI


Goethe la teoria dei colori

Rudolf Steiner  L’essenza dei colori

Rudolf Steiner Storia dell’arte specchio

di impulsi spirituali voll.  l-ll-lll-lV-V-Vl

Rudolf Steiner La filosofia della libertà

Rudolf Steiner L’iniziazione

Rudolf Steiner L’occultismo dei Rosacroce

Kandinsky  Lo spirituale nell'arte

Massimo Scaligero: Manuale pratico

della meditazione 

Massimo Scaligero: La via della volontà Solare

Massimo Scaligero: Reincarnazione e Karma

Massimo Scaligero: Dell’Amore immortale

Massimo Scaligero: Graal

Pavel Florenskij: Le porte regali

Massimo Scaligero: Trattato del pensiero vivente

Mara traccia, dipingendo, la sua biografia interiore, una vicenda il cui mito centrale è l’incontro con l’Anima: la dea dello spazio profondo. Proiettato sulla tela, questo spazio, saturo di densità cromatiche calde e cupe, si avvita attorno una figura centrale, che lo organizza e lo sfaccetta come un prisma. Il risultato è una pittura concettuale non nel senso acquisito in certe terminali avanguardie, ma tantrico e iniziatico: un mezzo attivo di revulsione interiore, un progetto di palingenesi . le matrici culturali di questa giovane artista umbra, che ha solo da perfezionare il suo rovente talento, sono inconsapevolmente gnostiche, anche se alcuni dei suoi temi prediletti sono stati fino ad ora di iconografia cristiana. La tentazione gnostica affiora nella serie fresca e scintillante dei suoi apprezzati Tarocchi, che è nondimeno un tema di passaggio per una poetica non più soggiogata dal tema dell’Anima. Mara pittrice è vicina a questa svolta, che non riguarda soltanto il suo destino di artista, ma la conquista della totalità di se stessa.

Grazia Marchianò, 1989



Mara Maccari è un vero talento emergente ed una personalità tutta da scoprire nei suoi molteplici momenti artistici.

I suoi cicli pittorici che si accavallano nel tempo, si presentano come una sorta di racconti dello spirito con temi ed ambientazioni diversi. Ad una lettura superficiale potrebbero apparire alquanto contraddittori, ma in realtà trovano radici e riferimenti comuni narrati con la medesima sensibilità e tensione, sì da farne corpo unico pur con differenti aspetti.

Trame e percorsi si incrociano al di là di ogni formale coerenza che il più delle volte diviene sinonimo di maniera. Ribelle per natura e fuori dal coro per scelta, alla Maccari non interessano ricette e formule funzionali a quella riconoscibilità, sinonimo di “scorciatoia”, utile al successo non sempre di qualità. La sua frontiera è invece una ricerca assoluta ed indipendente, antitesi di ogni manierismo. Strada in salita, quella della ricerca, il più delle volte faticosa ed oscura. Di certo agli antipodi di quei luoghi comuni, ammiccanti e compiacenti di cui è lastricata la strada (in discesa) che conduce alle inutili banalità. Non si tratta di scegliere tra un percorso impervio ed uno facile; ricercare è vivere una scelta intima e personale. E’ una questione introspettiva e appagante del proprio essere; è l’esigenza del proprio genio. E’ la frontiera che fa la differenza tra il maestro e l’artista. Maccari ricerca il suo genio e produce arte, piena di tensioni e di suggestioni, che merita di essere proposta, studiata e collezionata per l’appagamento dello spirito che anima il cultore d’arte. E’ questo il senso della mostra antologica di Nocera Umbra. Offrire il profilo dell’artista in tutti i suoi aspetti. Operazione in se rischiosa proprio per la complessità della esperienza della Maccari e per questo assai stimolante, solo che non si fraintenda sulla diversità formale dei suoi momenti pittorici e si riesca invece a cogliere la comune essenza della sua pittura che a ben guardare rappresenta il light motif della esperienza nella quale è tuttora impegnata. L’universo, gli astri, le costellazioni, le simbologie sacre e quelle esoteriche: insomma le “cose delle spirito”. Ed indagando i misteri dell’assoluto, ecco emergere segni ed immagini dell’iconografia religiosa e di quella occulta proponendone una percezione prevalentemente estetica prima che filosofica. Una sorta di inventario di enigmi e misteri senza opzioni di sorta, ma semplicemente e problematicamente proposti alla personale lettura e sensibilità dell’osservatore. Una mostra antologica dunque che offre mille spunti per una analisi sistematica del lavoro della Maccari attraverso l’approfondimento monotematico dei singoli cicli ognuno dei quali è destinato ad aprire orizzonti inediti tutti da scoprire.

Riccardo Leuzzi 2011



...nei lavori della Maccari i materiali vengono fronteggiati con la risolutezza di chi vuol chiarire i termini di un rapporto, un rapporto antico, intenso e spesso ambiguo, quello tra l’artista e la materia. “Lasciar parlare la materia” è sufficiente negli stati aurorali della cultura, è necessario nei momenti di rottura che portano alle rivoluzioni, ma poi l’artista deve convincere la materia a dire quello che vuole lui.  Ed è quello che con molto equilibrio fa la Maccari, ricostruendo la forma

attraverso prospettive esclusivamente cromatiche e “reinventando” quasi la materia quando ci propone mosaici in forma di quadro che occultano elegantemente la gravità. “Misticismo della materia” potremmo chiamare la sua garbata rivendicazione di motivazioni profonde.  Soprattutto quando non riesce a nascondere qualche elemento simbolico che ci ricorda la maestra di icone. Quelle bellissime icone che costituiscono uno degli aspetti più fecondi della sua arte, ma che lei ha ritegno ad esporre perché considera la loro realizzazione solo un lunghissimo attimo di personale preghiera.


    Savino Savini , 1999



Personalità complessa quella di Mara Maccari. Intimista e schiva, nascosta nello spazio vitale della sua bottega-laboratorio, quasi ad evitare contaminazioni esterne, ed a riservare per se sola arte, ricerca e lavoro. Unica occasione di verifica e di interlocuzione, è il momento espositivo nei luoghi deputati ed in quelli della committenza sacra e profana. Ma è nel suo studio che si apre il dialogo; è lì che la Maccari si rivela, con l’esuberanza della sua produzione, nei diversi aspetti della sperimentazione e nella qualità della sua pittura. Un susseguirsi di emozioni e di scoperte tanto più sorprendenti, quanto apparentemente prive di uno sviluppo logico-creativo. Non è facile capire il percorso che conduce dalle informali superfici di materia grumosa e sensuale dominata dal blu oltremare e guizzi di luce, alle stesure spaziali dagli improbabili (e perciò istintivi) riferimenti fontaniani, ed alle ardite geometrie intrise di sedimentazioni di certe esperienze astratte d’inizio novecento, sempre espresse con attuale freschezza e modernità. Indubbiamente un personaggio da scoprire e da recuperare alla ribalta culturale militante della contemporaneità nazionale, così ricca di individualità e di percorsi creativi misconosciuti dall’ufficialità “omologata” per pigrizia o abulia, o solo per non turbare l’establishment. Dov’è dunque lo spirito del grande Leo Castelli che distingue un gallerista da un bottegaio? Si guardi ai nuovi talenti, si superino gli schemi stantii del “già visto” che da almeno 40 anni ingessano il panorama dell’arte italiana. Maccari è un talento emergente che propongo al pubblico de L’Osanna. Ma come esordire? Tanti gli spunti, i cicli pittorici e le esperienze artistiche per una contestuale lettura che non risulti fuorviante. E non tanto per indicare un prima ed un dopo del suo percorso al di là della stessa cronologia, quanto per offrirne il più giusto profilo di un’artista eclettica ed indipendente. Un gruppo di opere dunque che traggono spunto dalle icone “greco-ortodosse” della sua prima formazione nella bottega del monaco eremita Peter Jegor. Frammenti di affreschi iconografici, austeri e preziosi affioranti da muri antichi, graffiati, scorticati, forse restaurati da mano maestra, per fissare quanto, provvidenziali coperture hanno strappato dall’oblìo, ed ora restituito alla luce da una sorta di archeologa creativa alla scoperta di affreschi perduti e preziose glorie. Un’operazione al limite della provocazione, inserita egregiamente, con inedito sapore arcaico, nel modus operandi neo-figurativo in chiave post moderna, che dagli anni ’80 conduce ad attuali riconosciute tendenze.

Riccardo Leuzzi,  2009

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